CLG§WS+163 Chimismi dialettici

“Egli trasformava la massima iscritta sul frontone del tempio di Delfi, e diceva: “Vivi te stesso””

Marcel Schwob, Vite immaginarie

Talvolta venti anomali, fuori stagione, trasportano, insieme alla pioggia rada e ghiacciata, anche energie oscure, raccolte – chissà dove – lungo il loro tragitto nordico. Questa sottile carica, giunta a destinazione, trasforma lo scenario urbano, degradandolo a cupa, ancorché effervescente, allucinazione primaverile, ricca di dense suggestioni inconsce, che si dispiega secondo un moto circolare, ed in uno spazio curvato. Così accade oggi a Roma all’EUR in Via Montaigne.

Candido: “Che ne pensi? Ti piacciono?” chiede mantenendo lo sguardo verso la parete di fronte, quella del lato terminale del Museo della Memoria, ad angolo con Via Montaigne, dove si trova il grande mosaico delle Corporazioni di Enrico Prampolini.

Cunegonda: Distoglie lo sguardo dall’opera e si volge verso Candido, muta e col viso di marmo, in attesa di trovare le parole. Poi si decide a chiedere a sua volta “E a te piacciono?”

Candido: “Ogni volta che passo di qui mi fermo sempre a rivederli” accenna a commentare esitante. “Non sono solo i mosaici in sé ad attrarmi, ma tutta la scena mi sembra una formidabile installazione. Due opere futuriste, che meriterebbero, da sole, la sala principale di un importante museo cittadino, si fronteggiano, invece, in un parcheggio per impiegati ed avventori distratti, sotto la minaccia, per nemesi storico artistica, di auto e motorini accroccati confusamente, ignorate da tutti; i colori, le linee e il loro dialogo muto, contrastano con la targa sgarrupata, posta dalla Soprintendenza sul muro del Museo, per dare scarne informazioni sulle opere ai rari turisti interessati, e il candore del travertino che riveste i muri dei due musei ne esalta l’effetto complessivo, facendole sembrare opere aliene, abbandonate lì da un astronave in fuga” conclude girandosi verso di lei, che è rimasta ferma. A fissarlo.

Cunegonda: “Questi mosaici li trovi davvero notevoli? Io vedo solo accrocchi futuristi piuttosto indigeribili. Opere di regime” commenta, infine, col tono di chi non vedesse l’ora di dichiararsi, mentre sistema il collo del paletot.

Candido: La guarda con un mezzo sorriso, come se conoscesse in anticipo la sua risposta. “Io invece penso che il Futurismo sia stato un movimento rivoluzionario, e che sia ancor oggi un pilastro della cultura contemporanea, poiché ha innovato e stravolto l’inconscio collettivo, dando vita ad un mondo nuovo, quello della modernità. E’ stata una corrente d’avanguardia in Europa, che si ritrova in tutte le forme espressive del dopoguerra soprattutto design, grafica e anche pubblicità”

Cunegonda: “Poche chiacchiere. La realtà è che mi hai fatto attraversare tutta Roma, con questo tempo schifoso, per questi mosaici inquietanti. Per le opere di artisti guerrafondai senza scrupoli che hanno appoggiato Mussolini e le sue scelte folli?!” sentenzia tra il serio e il faceto.

Candido: Si volta verso il Mosaico di Fortunato Depero delle Arti e Professioni. “Volevo sfidare il tuo manicheismo, il tuo congenito spirito di discriminazione, che favorisci sempre a scapito di quello di distinzione, precludendoti l’esatta comprensione dei fenomeni, poichè è il prupposto per confondere, per semplificare e indursi ad una forma di schieramento che puzza di conformismo” dichiara sorridendo.

Cunegonda: “Non mi ci freghi più” facendo no col ditino.

Candido: Ride. “Guardi Collega che non mi sembra proprio che io la trascini in catene in queste avventure. E poi ti è andata bene. Per pranzare insieme, inizialmente, avevo pensato a Piazza San Giovanni Bosco” sottolinea ridendo mentre continua ad osservare il Mosaico.

Cunegonda: “Piazza San Giovanni Bosco!? E dov’è? Ma soprattutto. Perchè?”

Candido: “Oh eccola la giovane progressista italiana che disquisisce sempre e volentieri di popolo e periferie ma non sa neanche dove siano” replica ridacchiando. “E’ al Quadraro, al Tuscolano” aggiunge con un mezzo sorrisetto ironico.

Cunegonda: “Ah. Ho capito” Replica distratta poi riprende “E perchè proprio lì? Come ci sei finito? Per sbaglio o in veste di antropologo urbano? ” chiede con aria fiera della sua ritrovata vena sarcastica.

Candido: “No, non hai capito. È dopo Porta Furba, al Mandrione. Ma parecchio dopo. Sono le zone care al tuo amato Pasolini. C’è la Basilica lì – che io trovo agghiacciante, ma da vedere tuttavia – e anche la casa di Steiner l’amico di Marcello ne “La dolce vita” soggiunge soddisfatto.

Cunegonda: “Quello che stermina i figli e poi s’ammazza?”

Candido: “Si. Brava” Conferma mentre continua ad osservare i mosaici.

Cunego: “Tu stai male … Sei andato a vedere dove hanno girato la scena? ” chiede incredula.

Candido: Ride. “Si. Cioè. Anche. Il portone del palazzo. La casa invece nel film era ricostruita in Teatro. Credo. Ma si capisce che è all’EUR”.

Cunegonda: “Beato te che puoi permetterti simili diversivi. Peccato che io invece la-vo-ro e tra poco dovrò essere di nuovo in studio. Mangiamo o c’è qualche altra attrazione da visitare? ” si lamenta a braccia conserte.

Candido: “Va bene andiamo. Più avanti c’è un susharo abbastanza decente” dice mettendosi in marcia. Poi riprende “Premesso che tutti lavorano, mi spiace che tu non abbia ancora sviluppato una sana capacità di ingannarti, di mollare il tuo disegnatore, di saltare dal treno mentre rallenta la sua corsa, in qualche curva più stretta, senza pensare troppo alle conseguenze, per poi inoltrarti in un altrove sconosciuto. Insomma, scomparire improvvisamente, senza avvertire nessuno, anche per poco, forse anche solo pochi minuti, e riapparire in uno dei tanti universi paralleli che ci sembrano sempre inaccessibili, imperscrutabili e rendersi conto che sono sempre stati disponibili essendo sufficiente la volontà di sfidare la grande onda contraria e apparire a sé stessi o alla Madonna come diceva Carmelo Bene”

Cunegonda: “Ah ora sei in modalità Jedi. Bene sono pronta. Allora facciamo un patto, ora si fa la pappa e non si litiga, vero?” chiude sorridendo e prendendogli il braccio.

Candido: “Non ti preoccupare, farò il bravo. E poi. Non so. Forse a spingermi qui è solo il solito senso di mancanza e il vano desiderio di recuperare cianfrusaglie sparse nella mente che seguo come tracce in montagna: una nottata con gli amici, tutti insieme in macchina, felici a caccia di una festa mai raggiunta, persi tra piazze, numeri civici, vie dai nomi oceanici, ed indicazioni sballate. Un pranzo con i miei e tutti i loro amici in un ristorante che non esiste neanche più, un appuntamento per andare al mare, la finale di basket nel 1983 e il concerto dei Simple Minds al Palaeur nel 1987, la vecchia Fiera di Roma e la sua mostra natalizia. Ma c’è anche quel sospetto, quella inconfessabile sensazione, che tutto questo sia ancora qui, da qualche parte, intatto, pronto per essere rivissuto, tabula rasa, sapendo inconsciamente che forse, esaminando bene queste lastre di travertino, frugando a tastoni, si riesca ad individuare un bottone, un pulsante nascosto, una finta mattonella che, una volta azionata, apra una porta, oltre la quale ritrovare tutto e tutti. Così com’era. Così com’ero. Anzi così com’è” proferisce con tono basso. Poi si ferma e osserva l’entrata del ristorante. “Eccoci arrivati” con lo sguardo spento.

Entrano e scelgono un tavolo davanti ad una vetrata che da sul palazzo dei Congressi.

Candido: Si guarda intorno.”Oddio. Sai che io di questi ritagli di pesce crudo comincio veramente ad averne piene le xxx?”

Cunegonda: “Non cominciare!” lo blocca lei come farebbe con un bambino insofferente. Riprende a consultare il menu. “Belli i tuoi salti spazio – temporali, molto affascinanti. Peccato che io non possa permettermeli. Ma ti sei mai chiesto quanto ti costano? Quanto valgono queste tue forme di autoipnosi? Quanto ti emarginano dagli altri? Io ci farei una riflessione sai”.

Candido: “Costano quello che costano” risponde con sguardo inerte.

Cunegonda: ” Non ti sembra di stare scherzando col fuoco e che la solitudine che ami tanto ti stia trascinando a fondo? ” Chiede col tono materno, caratterizzato da una metrica ben riconoscibile.

Candido: “Assolutamente si. Non al fondo, all’Inferno. Specialmente quando mi sveglio, al mattino, e i rumori di casa, quelli di un tempo, non ci sono più, e regna il silenzio. Eppure, mi sembra più sopportabile dell’aria sulfurea che percepisco in certe case, dell’urlo spento in gola che leggo negli occhi di certe coppie, simili a quelli delle marionette indonesiane del teatro delle ombre gli stessi con i quali guardano i loro figli, ovvero per verificare continuamente quanta parte della loro incapacità di sviluppare anche solo un barlume di intelligenza emotiva siano stati in grado di trasfondere, efficacemente, in loro, privandoli di una possibilità di difesa, di una presa di rifugio. Se gli scoprissi le pance, all’improvviso, mentre sono allungati sul divano, col calice di bollicine rosè in mano, intenti a mostrarsi accreditati al mondo dei pochi felici, mostrerebbero un addome pieno di bubboni infiammati che compongono la parola, ben leggibile, “AIUTO”” soffia demoniaco mentre versa nei bicchieri la birra. Cervogia tiepida.

Cunegonda: “Ecco lo sapevo” osserva mentre afferra il bicchiere “Ora ti riconosco! Ora si. Lo sfilettatore di esseri umani è tornato si salvi chi può!” dice con tono ironico.

Candido: “Io non li giudico li osservo. Sono quasi vecchi, e tutt’altro che saggi, anzi intorpiditi, rallentati in tutto dal terrore della morte, afflitti dallo scenario di una vita volata via troppo presto e non confortati neanche dalla promozione che padri e madri gli hanno riconosciuto, pre mortem, per la vita che hanno scelto. Gli uomini per i succesi lavorativi, le case acquistate e i livelli di reddito e le donne per la scelta del marito, i nipotini partoriti e il lavoro conservato. Anzi. Quelle promozioni ora gli sembrano una beffa e non sanno come disinnescarle”

Cunegonda: “Ah bene. Pensa cosa diresti se invece giudicassi …” commenta scuotendo la testa

Candido: “Siamo fermi alla denuncia di Jung. Ancora oggi, dell’essere umano non sappiamo nulla. E mai come in questo momento, invece, avremmo bisogno di un segno, di una nuova era, di una rinascita. Il personaggio di Steiner ne “La dolce vita” era un triste vaticinio, il presagio di una crisi galoppante che presto sarebbe diventata drammaticamente irrisolvibile in tutto l’occidente decristianizzato. Senza il recupero della sua anima l’uomo è perduto. Basta vedere le immagini che ci arrivano sul cellulare, tutti i giorni da tutto il mondo, un indegno bagno di sangue che ci illudiamo non abbia troppo a che fare con noi. La nostra società sta facendo esattamente gli stessi errori commessi sessanta anni fa. Aspettare che il sangue smetta scorrere, almeno per un po almeno non così vicino a noi, per poi riprendere serenamente a coltivare la ricerca di una realizzazione ed una falsa individuazione dei singoli per mezzo di ció che possono comprare, per apparire quello che non sono, secondo i canoni della ricerca della felicità che l’America impone” osserva mentre trangugia l’insalatina di apertura con l’edamame.

Cunegonda: “E cosa pretenderesti da loro?”

Candido: “Cosa vuoi che pretenda, nulla. Basterebbe poco però. Il coraggio del silenzio, quel tanto che gli consenta di dimettersi da sè stessi ed essere d’accordo con tutto, con qualunque condizione di mare e di tempo e regolare le vele a seconda dell’andatura richiesta. Distogliere lo sguardo dalle illusioni, dagli archetipi cui le persone si aggrappano disperatamente,fino alle estreme conseguenze, ed interrompere il karma di famiglia e quello delle varie tribù metropolitane in base alle quali giudicano sé stessi e gli altri, generate in base a lignaggi inesistenti, e disporsi ad offrire agli altri solo la parte migliore di se stessi, quella più vera e generosa. Non c’è molto tempo rimasto”

Cunegonda: “E secondo te la strada che hai scelto è questa? L’isolamento?” dice contenta di rintuzzarlo.

Candido: “Finché non vedrò individui disposti ad aderire alla realtà, certamente si. Potrei usare le parole di Steiner rivolte a Marcello nel dialogo nella terrazza della sua bella casa “Non credere che la salvezza sia chiudersi in casa. Non fare come me Marcello. Io sono troppo serio per essere un dilettante ma non abbastanza per essere un professionista. È meglio la vita più miserabile, credimi, che un’esistenza protetta da una società organizzata, in cui tutto sia previsto, tutto perfetto”

Cunegonda: “Oh fantastico. Il lascito etico di uno che ammazza sè stesso e i figli. Ti è chiaro? Vuoi dirmi che è questo ti auguri?” Osserva con lieve ansia.

Candido: “Steiner è una provocazione intellettuale, un monito ad una società che a quindici anni dalla fine della guerra era già tornata a commettere gli stessi errori che l’hanno provocata. Comunque, se sei davvero interessata alla mia fine, ora ti accontento” annuncia deciso posando il bicchiere e prelevando dalla tasca interna della giacca il telefono.

Cunegonda: “Oddio. Che sta per succedere? Una citazione di Nietsche? O di D’Annunzio? O qualche maestro Zen?”

Candido: “Consulto l’I Ching” mentre digita qualcosa sullo schermo.

Cunegonda: “Ah ecco. E che è? Oddio mio… ” dice sgranando gli occhi.

Candido: “Un antichissimo oracolo cinese”

Cunegonda: “Fammi vedere” Improvvisamente ed inspiegabilmente curiosa.

Candido: “Lanci delle monete bucate, in questo caso virtuali, per sei volte, e dall’esito si trae un esagramma, uno dei sesantaquattro commentati dal Libro dei mutamenti. Lì troverai le risposte”

Cunegonda: “E cosa vuoi chiedere ora?” chiede confusa.

Candido: “Non hai detto che vuoi sapere che fine farò? Vediamo allora…”

Seguono sei brevi vibrazioni del cellulare.

Candido: “Pronta?” chiede con gli occhi sullo schermo.

Cunegonda: “Che ne so … Si” risponde intimidita

Candido: “Esagramma 22 Ppi sopra Kenn, l’ Arresto, il Monte sotto Li, il Risaltante, il Fuoco. Il segno mostra un fuoco che erompe dalle misteriose profondità della terra e divampando illumina il monte, l’altitudine celeste, e lo abbellisce. La bellezza, la bella forma, è necessaria in ogni unione onde questa sia ordinata e leggiadra e non caotica e disordinata. La Sentenza: Bellezza ha riuscita. In piccolo è propizio imprendere qualche cosa

Cunegonda: “Non capisco. Ma suona bene” dice quasi gelosa spiegando i begli occhi, virati, in un attimo, verso il colore del mare calmo.

Exeunt

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